Adesso il “pesce di Milano” avrà un marchio di qualità

Sono le tre del mattino quando Valerio Ranghieri inizia a esaminare i pesci pronti per essere venduti nelle cassette accatastate dai venticinque grossisti presenti nel mercato ittico di Milano. Per ogni lotto ne analizza 29 esemplari, un numero fisso elaborato dagli statistici, alla ricerca di larve o batteri. Bastano due pesci, o uno particolarmente deteriorato, per buttare tutto il lotto. Il prodotto diventerà, dopo appositi procedimenti, farina di pesce destinata principalmente agli allevamenti. Quello di Valerio, consulente veterinario per l’autocontrollo del Mercato Ittico Milano, però è solo una prima operazione di filtraggio che termina generalmente verso le quattro: anche l’Ats è presente in via Lombroso con i propri tecnici. E presto il sistema di verifiche diventerà ancora più stringente perché Sogemi ha lanciato ieri il marchio Mercato Ittico Milano. Un bollino di qualità che dalla società di gestione dei mercati all’ingrosso sperano di far adottare prima ai grossisti, poi ai loro clienti e infine ai ristoranti. Un percorso virtuoso partito ieri e che nel 2019 ha come primo passo quello di convincere i grossisti della bontà dell’iniziativa per ottenere le adesioni.

 

Ma mentre il sistema viene avviato, già si pensa ai passaggi successivi. «L’obbiettivo finale è vedere il logo sulla vetrina di qualche pescheria – ha spiegato il presidente Cesare Ferrero – insieme a quello di aumentare i volumi della merce; sono convinto della forte carica identitaria che questo marchio e la nuova veste del Mercato Ittico Milano trasmetteranno agli operatori della filiera». A proposito dei volumi scambiati, il 2018 si concluderà con 75 milioni di euro di vendite e centomila quintali di prodotti commercializzati, con un trend annuo di crescita dei volumi che si conferma tra il 5 e il 10 per cento. Numeri che, insieme ai 25 grossisti, ai 1300 operatori tesserati e agli undicimila metri quadrati di estensione, contribuiscono a posizionare la struttura di via Lombroso al vertice in Italia. Ma a SogeMi non basta e si cerca di rilanciare puntando sul marchio MIM che introdurrà regole ancora più stringenti per «comunicare meglio ai consumatori il modello virtuoso di approvigionamento e trattamento delle materie prime». A proposito dei prodotti scambiati in via Lombroso. La provenienza è suddivisa tra pescato proveniente dall’estero (65%) e pescato proveniente da mari italiani (35%), mentre il 70% giunge da allevamenti e il 30% da pesca.

 

La base dunque c’è. Ed è il momento di ripescare quanto di buono era stato creato nel periodo di Expo: «Il logo è stato creato dall’architetto Giampaolo Monti nel 2015 – ha spiegato Stefano Zani, direttore generale di SogeMi – per valorizzare una realtà che è già la più importante d’Italia e vanta sistemi unici come Cassamercato». Quello citato da Zani è il sistema informatico che gestisce tutti i pagamenti: all’interno del mercato ittico infatti è vietato completare compravendite in contanti. E il nuovo logo MIM, il cui lancio vale centomila euro, non è l’unico investimento compiuto per rilanciare l’immagine del mercato ittico: SogeMI ha infatti acquistato per altri centomila euro anche il marchio Foody, con il merchandising brandizzato, da Expo per «renderlo la nostra mascotte» ha precisato Ferrero. Un’operazione lunga e complessa che Valerio e i suoi colleghi portano avanti notte dopo notte.

Fonte: il giornale

Condividi l'articolo

YouTube
LinkedIn
LinkedIn
Share